Testimonianza di Bartolomeo F. Brewer
Milioni, forse la maggioranza dei Cattolici sono tali solo di nome, per cultura o per inerzia. La mia famiglia però era cattolica per convinzione. Conoscevamo bene e mettevamo in pratica gli insegnamenti della nostra religione. Credevamo che la Chiesa Cattolica fosse l’unica vera Chiesa fondata da Gesù Cristo. Di conseguenza, accettavamo senza discutere tutto ciò che i nostri preti insegnavano. In particolare, a quei tempi, prima del Concilio Vaticano II, si credeva che al di fuori della Chiesa Cattolica non vi fosse salvezza. Questo ci dava un senso di sicurezza, perché pensavamo di essere nel giusto. Ci sentivamo al sicuro tra le braccia della “Santa Madre Chiesa”.
Da quando mio padre morì (avevo quasi dieci anni), mia madre andò a Messa ogni giorno per oltre 24 anni. Ogni sera recitavamo il Rosario ed in chiesa venivamo incoraggiati a visitare spesso il “Santo Sacramento”.
Oltre all’insegnamento che ricevevamo a casa, frequentavamo scuole cattoliche, tanto che Monsignor Hubert Cartwright ed altri preti della nostra parrocchia dicevano che eravamo più cattolici del Vaticano stesso.
Non c’è dunque da meravigliarsi se dopo la scuola media mi sentii spinto a studiare per diventare prete. Ma piuttosto che il clero diocesano, preferii un ordine religioso e precisamente quello dei Carmelitani Scalzi, uno dei più severi ed antichi ordini monastici.
Sin dal primo giorno che stetti a Holy Hill, nel Wisconsin, amai la vita religiosa e fu per questo che affrontai gli studi che trovavo molto difficili. Inoltre, la dedizione e I’abnegazione dei preti che insegnavano nel seminario, ci ricordavano conti‐ nuamente l’importanza di fare sacrifici per raggiungere la meta dell’ordinazione sacerdotale.
La formazione che ricevetti in quattro anni di liceo, due anni di noviziato, tre anni di filosofia e quattro anni di teologia (l’ultimo dopo l’ordinazione), era davvero completa. Inoltre, praticavo con sincerità le varie “mortificazioni” ed altre discipline proprie dell’Ordine e non avevo dubbi sulla mia “vocazione” e su quanto mi veniva insegnato. E pronunziare i voti di povertà, castità e obbedienza significò per me consacrarmi a Dio per sempre. Per me, la voce della Chiesa Cattolica era la voce di Dio.
La mia ordinazione sacerdotale avvenne nel Santuario dell’Immacolata Concezione a Washington, oggi la settima chiesa più grande del mondo. Quando “Sua Eccellenza, il Reverendissimo Vescovo” John Mc Namara mi impose le mani sulla testa e ripeté le parole del Salmo 110:4, “Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec” fui come sopraffatto dal pensiero che ora ero un mediatore tra Dio e gli uomini. L’unzione, poi, e la legatura delle mie mani con speciali bende significavano che ora esse erano consacrate per cambiare il pane ed il vino nel corpo e sangue di Gesù Cristo, per perpetuare il sacrificio del Calvario mediante la Messa e dispensare la grazia salvifica di Dio per mezzo dei “sacramenti” del Battesimo, della Confessione, della Cresima, del Matrimonio e degli Infermi. Anzi si ritiene che un prete cattolico, quando è ordinato, riceva come un marchio indelebile, in modo che possa continuamente fare l’esperienza di un interscambio tra la sua personalità e quella di Cristo, affinché svolga i suoi compiti sacerdotali come “un altro Cristo” (alter Christus) o in vece di Cristo. Difatti i fedeli si inginocchiavano dinanzi a noi e baciavano le nostre mani da poco “consacrate”, tanto radicata era questa credenza.
Alla fine dell’ultimo anno di teologia, che consistette nel prepararmi a predicare e ad ascoltare confessioni ‐ fatto questo che comportava assolvere i peccati degli altri ‐ fu esaudito un desiderio che nutrivo da tanto tempo: essere missionario nelle Filippine.
Passare da una vita monastica regolare alla semplicità e libertà della vita missionaria non fu affatto facile. Mi piaceva viaggiare passando tra gli ottanta e più villaggi assegnati alla nostra parrocchia. Mi piaceva anche insegnare religione nella scuola media gestita da noi, in una cittadina.
Fino ad allora la mia vita si era svolta quasi esclusivamente tra uomini. Allora però cominciai ad avere contatti anche col mondo femminile e particolarmente mi piaceva sentire le ragazze frignare, mentre venivano prese in giro dai ragazzi. Dopo un po’, però, la mia attenzione fu attratta particolarmente da una delle studentesse più diligenti.
Questa giovane era più matura della sua età a causa della responsabilità che aveva dovuto accollarsi dopo la morte della madre. Era una persona amabile e reagiva timidamente alle conversazioni che ogni tanto riuscivamo ad avere da soli dopo le lezioni. Era una nuova avventura e ben presto mi accorsi che quella “simpatia” era amore.
Non c’è da stupirsi che il vescovo venisse a conoscenza della cosa, sebbene fosse a miglia di distanza, e che subito mi facesse ritornare negli Stati Uniti prima che quel rapporto sfociasse in qualcosa di serio. Certo, la situazione era imbarazzante per entrambi, ma la vita va sempre avanti!
Dopo l’avventura e la liberta della Filippine, non mi sentivo di ritornare alla vita monastica. Perciò il “Padre Provinciale” mi concesse di lavorare in una parrocchia tenuta dai Carmelitani Scalzi in Arizona. Qui tutto andò abbastanza bene. Non così in seguito, dopo aver ricevuto dalle autorità romane il permesso di uscire dall’Ordine dei Carmelitani e di svolgere il mio ministero come prete diocesano.
Ora, mentre lavoravo in una grande parrocchia a San Diego, California, chiesi ed ottenni di far parte della Marina degli Stati Uniti come cappellano cattolico. Fu così che i viaggi mi permisero di fuggire da una sterile vita di parrocchia fatta di ritualismo e sacramentalismo.
La mia vita religiosa si apri a nuovi orizzonti appena cominciai a familiarizzare con i cappellani non cattolici. Per la prima volta vivevo al di fuori della mia cultura cattolica. Nel frattempo, il Concilio Vaticano II aveva aperto le finestre della rigida tradizione ad una ventata di aria fresca ed io cominciai a respirare quell’aria a pieni polmoni. Stavano avvenendo dei cambiamenti.
Alcuni volevano che fossero radicali, altri volevano solo che la Chiesa si modernizzasse un po’. Per molti, la fede cattolica non riusciva a risolvere i problemi posti dal mondo moderno. Molti si sentivano incompresi sotto vari punti di vista, specialmente i preti. Nonostante i cambiamenti in atto, il sacerdozio cattolico stava perdendo il suo fascino. La formazione intellettuale e spirituale del prete non era più considerata superiore a quella di un parrocchiano. Ormai stava tramontando la figura del prete istruito più dei fedeli. Insomma, i preti erano in piena crisi di identità. E questo era vero anche per i cappellani.
Dapprima mi scandalizzai quando mi resi conto che alcuni dei cappellani cattolici uscivano con donne. Ascoltai comunque con interesse le loro discussioni sull’impossibilità di vivere celibi. Anzi alcuni mettevano in discussione le autorità della Chiesa, che persistevano nel tenere in piedi tali tradizioni, specialmente quando la legge del celibato era fonte di tanti problemi morali tra i preti. Fu così che per la prima volta nella mia vita dubitai della validità della mia religione, non per orgoglio intellettuale, ma in coscienza, sinceramente.
Quando si studiava per diventare preti, eravamo ben informati intorno all’antica tradizione che imponeva il celibato ad ogni prete cattolico. Sapevamo anche che quei pochi a cui il Vaticano concedeva di sposarsi, non potevano esercitare il loro ministerio. Ma i tempi stavano cambiando. Voci mai sentite prima si levarono a Roma durante il Concilio Vaticano. Molti pensavano infatti che i preti sposati, come nel caso dei Protestanti, potessero meglio comprendere ed affrontare i problemi posti dalla vita coniugale e familiare. Perciò quando i preti si radunavano, spesso si parlava di tali argomenti, e questo avveniva anche quando alcuni di loro mi venivano a visitare nell’appartamento che condividevo con mia madre.
Mia madre non esitava ad entrare nelle nostre discussioni. Era ben informata ed intelligente e facevo grande stima delle sue opinioni. Ricordo il suo stupore quando seppe che nelle scuole cattoliche si insegnava l’evoluzione e che il Vaticano aveva cominciato a dialogare con i Comunisti. Da tempo poi era disturbata dal fatto che mentre nella Scrittura vi sono chiari princìpi dottrinali e morali, molti esponenti della nostra Chiesa erano del tutto privi di princìpi. A tal proposito, molti anni prima, Monsignor Cartwright aveva confortato mia madre ricordandole che, sebbene vi fossero molti problemi nella nostra Chiesa, Gesù aveva promesso che “le porte dell’infern0 non avranno la meglio su di essa”.
Mia madre ha avuto sempre un grande rispetto per la Bibbia. Ma sebbene l’avesse letta regolarmente per anni, ora stava divenendo una zelante studentessa delle Scritture. E mentre notavo tra i miei colleghi certe tendenze razionalistiche, mia madre andava nella direzione opposta. Questo era un mistero per me. E mentre altri discutevano sui loro desideri di vedere meno enfasi sulle regole ed i rituali tradizionali, mia madre voleva che nella Chiesa si mettesse più enfasi sulla Bibbia, vi fosse più attenzione agli aspetti spirituali della vita e maggiore enfasi su Gesù, sulla necessità d’avere un rapporto personale con Lui.
Al principio non capii questo suo atteggiamento, ma a poco a poco notai un meraviglioso cambiamento in lei. La sua influenza mi aiutò a comprendere l’importanza della Bibbia dal punto di vista dottrinale. Così, spesso discutemmo sul primato di Pietro, sull’infallibilità papale, sul sacerdozio, il battesimo dei neonati, sulla confessione, la Messa, sul purgatorio, sull’immacolata concezione di Maria e sulla sua assunzione fisica al cielo. Fu così che capii che quelle dottrine non solo non si trovano nella Bibbia, ma sono contrarie al chiaro insegnamento della Scrittura. Mi resi anche conto del fatto che era legittimo avere opinioni personali e quindi potevo tranquillamente schierarmi dalla parte della Bibbia nei confronti di tutte quelle dottrine. Ma tutto questo che effetto avrebbe mai avuto nella mia vita di prete?
Credevo davvero che Dio mi avesse chiamato a servirlo, ma mi trovavo dinanzi ad un dilemma morale. Che dovevo fare? Certo, vi erano preti che non credevano a tutti i dogmi del Cattolicesimo Romano. C’erano preti che segretamente avevano mogli e figli. Certo, avrei potuto rimanere cappellano cattolico senza mai esprimere apertamente il mio disaccordo. Avrei potuto continuare a ricevere lo stipendio e godere dei privilegi del mio rango. Avrei potuto continuare a ricevere gli assegni familiari per mia madre. Si, c’erano molte ragioni per restare, sia professionali che materiali, ma agendo così sarei stato un ipocrita ed un immorale. Sin dalla mia giovinezza avevo cercato di agire rettamente e così agii anche in quel caso.
Sebbene il mio vescovo m’avesse recentemente concesso di prestare servizio nell’esercito per venti anni, diedi le mie dimissioni solo dopo quattro anni. Dopo di che, mia madre ed io ci trasferimmo presso mio fratello Paolo e sua moglie nella zona della Baia di San Francisco. Poco prima di trasferirci, però, mia madre taglio i ponti con il Cattolicesimo Romano in quanto fu battezzata in una chiesa degli Avventisti del Settimo Giorno. Sapevo che aveva studiato la Bibbia con uno dei loro ministri, ma non mi disse niente del battesimo fino a quando decisi di lasciare il sacerdozio cattolico.
Quella pretesa del Vaticano che non vi siano mai buone ragioni per lasciare “l’unica vera Chiesa” doveva essere presa in seria considerazione. I Cattolici tradizionali mi avrebbero considerato un “Giuda”, un “dannato, scomunicato da evitare”. Sì, c’erano molte difficoltà per chi voleva lasciare la sicurezza del “gregge” cattolico, ma Gesù non ci delude mai.
Dopo aver scosso la polvere del Cattolicesimo Romano dai miei panni, dovetti affrontare una questione della massima importanza: dov’è l’autorità assoluta? Mediante un processo di eliminazione, a poco a poco venni alla conclusione che la Bibbia è la sola autorità che non può essere scossa. Molti sistemi, compreso il Cattolicesimo Romano, hanno cercato, senza successo, di minarne la validità, l’efficienza e la perfezione, perfino mettendo in dubbio che sia stata scritta non semplicemente per volontà di uomini, ma da uomini di Dio ispirati dallo Spirito Santo: “Infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santa” (2Pietro 1:21).
Oh, felice quel giorno in cui tutti coloro che invocano il nome di Gesù Cristo capiscono che la Bibbia e l’unica fonte immutabile di autorità! E’ l’autorità suprema, perché si identifica con il suo immutabile Autore. Dio ce lo ha rivelato chiaramente. Ed è tragico che il Cattolicesimo Romano e tanti Protestanti e Pentecostali fanatici non lo credano. Difatti preferiscono affidarsi piuttosto a tradizioni, supposte visioni, apparizioni e profezie. Non solo non è provato che siano davvero da parte di Dio, ma molte sono chiaramente contrarie all’insegnamento biblico.
Forse molti ritengono che la Bibbia non basti perché non l’hanno studiata a fondo. Durante i miei tredici anni di studio nell’Ordine Carmelitano, solo una minima parte era dedicata allo studio vero e proprio delle Scritture. Basterebbe questo per dimostrare che, dopo tutto, la Scrittura non è alla base delle dottrine del Cattolicesimo Romano.
Dunque, dopo aver lasciato la Chiesa Cattolica, volevo studiare la Bibbia. Desideravo inoltre far parte di una chiesa locale, ma, dopo aver esaminato alcune chiese protestanti, mi accorsi con tristezza che erano tutte follemente simpatizzanti del Cattolicesimo Romano a spese della verità biblica. Guardando al “minestrone” delle chiese ci si può scoraggiare ed è perfino pericoloso per un ex‐cattolico in cerca della verità.
Fui comunque molto felice di incontrare gli amici avventisti di mia madre. Erano entusiasti della loro fede ed il loro amore per le Scritture faceva eco al mio desiderio di studiare la Bibbia. Questo mi portò alla prematura decisione di far parte della denominazione degli Avventisti del Settimo Giorno. Il Pastore che mi battezzò fece sì che il Distretto della California del Sud mi inviasse per un anno alla Andrews University.
Mentre stavo pianificando il mio anno di studio, incontrai Ruth. Da circa un anno speravo, e pregavo, di trovare una moglie. Sin dalla prima volta che Ruth visito la nostra chiesa, seppi che sarebbe stata la compagna della mia vita. Ci sposammo poco prima che partissi per il seminario. Si era convertita alla Chiesa Avventista e come ogni altro supponeva che, poiché volevo entrare in un seminario, fossi cristiano.
Essendosi accorta che non avevo mai parlato della mia “nuova nascita”, un giorno mia moglie mi chiese: “Bart, quando sei diventato cristiano?” Incredibilmente le risposi: “Sono nato cristiano”. Nella conversazione che seguì, lei cercò di farmi capire che un uomo 0 una donna, dato che nasce con la tendenza inesorabile a peccare, ad un certo momento della sua vita deve ammettere di aver bisogno di un Salvatore e quindi nascere spiritualmente credendo che soltanto Gesù Cristo puo salvarlo dalle conseguenze del peccato. Quando le risposi che avevo sempre creduto in Dio, lei mi fece notare ciò che si afferma nella Lettera di Giacomo 2:19, “Tu credi che c’è un solo Dio. Fai bene; anche i demoni credono e tremano. ”
Col tempo, grazie a queste conversazioni e alle lezioni sulle Lettere ai Romani, Galati ed Ebrei, finalmente capii che mi ero fidato della mia giustizia e dei miei sforzi religiosi e non del sacrificio di Cristo. Il Cattolicesimo Romano non mi aveva mai insegnato che la nostra giustizia è carnale e non gradita a Dio, né mi aveva insegnato che abbiamo bisogno di confidare solo nella Sua giustizia. Egli ha già fatto tutto ciò che c’era da fare a favor nostro. Fu così che durante un culto lo Spirito Santo mi fece comprendere che dovevo pentirmi dei miei peccati e ricevere il “dono” di Dio.
Durante gli anni della vita monastica, mi ero affidato ai sacramenti della Chiesa Cattolica per ricevere la grazia di Dio, per salvarmi, ma ora, per grazia di Dio ero nato spiritualmente: ero ormai salvo. Non sapendo nulla della giustizia di Dio, come i Giudei al tempo dell’Apostolo Paolo, avevo cercato di stabilire la mia propria giustizia, senza sottomettermi alla Sua (Romani 10:2‐3).
Non so chi tu sia né quali siano i tuoi rapporti con Dio, ma lasciami fare la domanda più importante che si possa fare sulla terra: “Sei un Cristiano Biblico? Credi che tutti i tuoi peccati possano essere perdonati mediante il perfetto sacrificio di Cristo?” Se no, perché non sistemi ora questa faccenda? Come in una cerimonia nuziale, promettiGli il tuo amore, la tua devozione, la tua fiducia. Quando si accetta Gesù quale proprio Salvatore, non si segue un rituale religioso, ma è la consacrazione definitiva della propria vita a Lui per ottenere il perdono dei peccati. Appena fai questo, Gesù Cristo occupa un posto essenziale nella tua vita e ricevi la vita eterna. Dopo di che cambierai. Dice la Bibbia a tal proposito: “…essendo convinto di questo, che Colui che ha cominciato un’opera buona in voi, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” (Filippesi 1:6).
Dopo essere stato quattro anni nella Chiesa Avventista, fui spinto da alcuni membri di chiesa a frequentare delle riunioni di “carismatici”. Dicevano che lo Spirito Santo stava abbattendo le barriere denominazionali in questi ultimi giorni, prima del ritorno di Cristo. Ora, siccome volevo ricevere tutto ciò che Dio aveva in serbo per me, andai ad un incontro di preghiera per ricevere il “dono delle lingue”. Ero però un po’ sospettoso, specialmente perché non avevo le sensazioni descritte da altri. Fatto è che effettivamente anch’io in privato cominciai a “parlare in lingue”. Tuttavia non mi sentii di persuadere altri ad entrare in quel movimento: per me era più importante convincere le persone a studiare la Bibbia, ad aver fede in Cristo ed a vivere secondo i princìpi biblici. Perciò quello che più mi interessava del movimento carismatico era l’interesse per gli altri, che sembrava ispirare. Questo, assieme alla spontaneità e allo zelo, mi appariva come un bell’esempio di uno stile di vita biblico, che sembrava mancasse in molte chiese.
Non molto tempo dopo la mia ordinazione a ministro della Chiesa Avventista del Settimo Giorno, il Consiglio del Sud cominciò a fare una massiccia propaganda degli scritti di Ellen G. White, uno dei fondatori della Chiesa Avventista e ritenuta da essi una profetessa.
Ruth ed io trovammo la serie di seminari per pastori molto utile ed istruttiva, tranne l’ultimo seminario. L’oratore proveniva dal Consiglio Generale di Washington, DC, ed alcune sue affermazioni ci lasciarono molto perplessi. Infatti, secondo lui, gli scritti di Ellen G. White sono “tanto ispirati quanto quelli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni”. Una tale affermazione costituì una svolta nella mia vita.
Mi confidai con uno dei maggiori esponenti della Chiesa Avventista, ma non riuscivo a conciliare tale posizione con la mia coscienza. Del resto, la mia fiducia nella Chiesa Avventista già stava venendo meno a causa del suo legalismo ed esclusivismo, che, secondo me, non avevano nulla a che fare con la Scrittura.
Dopo poco mi resi conto che non potevo più continuare ad essere un ministro avventista. Diedi quindi le dimissioni e devo confessare che se non fosse stato per l’aiuto di alcuni miei amici, Pastori in altre chiese non avventiste, la mia uscita da quell’ambiente sarebbe stata molto più difficile.
Durante i quattro anni che seguirono, sono stato Pastore di due chiese ed acquisii una sempre più profonda conoscenza della Bibbia, ma mi resi anche conto di quanto sia difficile avere a che fare con persone che non vivono in un sistema autoritario. Ebbi anche molte occasioni di dare la mia testimonianza. Ero convinto che Dio mi aveva “ritenuto degno di fiducía, ponendomi al Suo servizio ” (1Timoteo 1:12), ma non come Pastore.
Dopo aver pregato, decisi di ritornare a San Diego, dove un tempo ero stato parroco. Percependo allora che il Concilio Vaticano II aveva portato confusione e disillusione nella vita di molti Cattolici, mi sentii spinto a cominciare ad aiutare quelli che volevano lasciare la Chiesa Cattolica. Ben presto, il Signore ci aprì non poche porte in tal senso, e quando la gente voleva sapere come si chiamasse il mio ministero, rispondevo che era una missione per evangelizzare i Cattolici.
Man mano che Ruth ed io crescevamo spiritualmente, ci convincevamo sempre più del carattere ecumenico del movimento carismatico e ne uscimmo fuori. Quasi contemporaneamente incontrammo alcuni fondamentalisti biblici, che credevano sul serio nei princìpi biblici e li mettevano in pratica. Così, sebbene avessimo molti amici in chiese indipendenti, divenimmo membri di una chiesa battista fondamentalista, dove fui pure ordinato ministro.
In seguito la Missione Internazionale per l’evangelizzazione dei Cattolici fu riconosciuta dallo Stato come ente morale. Da allora in poi questa missione ha distribuito milioni di opuscoli, libri, e cassette, che mettono in rilievo le contraddizioni tra il Cattolicesimo Romano e la Bibbia, e nello stesso tempo trattano della salvezza secondo la Bibbia. Inoltre pubblichiamo un notiziario mensile per tutte le persone interessate alla nostra opera. Abbiamo avuto anche la possibilità di usare la radio e la televisione per il nostro scopo. Siamo inoltre felici perché la mia autobiografia, “Pilgrimage from Rome” (alla lettera “Pellegrinaggio da Roma”) è stata pubblicata e sta avendo successo sia nell’edizione inglese che in quella spagnola.
Abbiamo tenuto riunioni e portato letteratura evangelica in molti Paesi stranieri e per cinque giorni la settimana spediamo il nostro materiale anche all’estero dietro richiesta di tanti credenti.
Le riunioni ci tengono impegnati anche tredici settimane per volta sia negli Stati Uniti che in altre nazioni. Una Scuola per l’Evangelizzazione dei Cattolici offre una settimana o più d’intensa istruzione per Pastori ed altri ministri, che desiderano, appunto, evangelizzare efficacemente i Cattolici mediante le loro chiese. Incoraggiamo missionari ed ex‐cattolici a partecipare ai corsi della Scuola ‐ specialmente ex‐preti ed ex‐suore convertiti, in modo da prepararsi a servire il Signore secondo i principi del Fondamentalismo Biblico.
Nella nostra Missione siamo convinti che non si ama davvero, se si tiene la verità lontano da quelli che sono nelle tenebre. Bisogna indurre i Cattolici a riflettere sulle loro dottrine e a studiare la Bibbia, paragonando la loro religione con le verità bibliche. Soltanto così potranno fare l’esperienza della libertà e della luce che dà la Verità divina ‐ “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8:32).
(Traduzione di Edoardo Labanchi, ex Sacerdote Cattolico)